mercoledì 20 luglio 2011

A Pantelleria autolesionismo e tentativi di fuga tra i tunisini reclusi

Un gruppo di 40 migranti stipato da dieci giorni in un ex magazzino di una vecchia caserma. "Sembra un pollaio", denuncia un volontario. Vengono rimpatriati da Palermo ma nell'attesa restano sull'isola in condizioni disumane, come verificato da Msf rivolte sull'isola di Pantelleria, dove 40 tunisini vivono da dieci giorni in una situazione di grave emergenza sanitaria e umanitaria, stipati dentro un ex magazzino di una caserma dimessa dal ministero della Difesa. Sono sbarcati lo scorso 9 luglio e il loro destino e' lo stesso di quello toccato a tutti gli altri migranti arrivati negli ultimi due mesi. Nel silenzio dei media e delle istituzioni, l'ex caserma Barone, che doveva essere ceduta in gestione a privati per diventare un albergo di lusso, e' oggi un centro di detenzione per migranti arrivati dal mare. I 40 sono gli ultimi rimasti, dopo che altre decine di tunisini sono stati trasferiti a Trapani, da li' a Palermo e poi rimpatriati con la forza a Tunisi. Lo hanno comunicato gli stessi rimpatriati via cellulare alle persone rimaste a Pantelleria, in contrada Arenella. "Non sono stati pero' trasferiti i casi piu' gravi - denuncia un volontario delle Misericordie, Erik Vallini - c'e' un diabetico dipendente dall'insulina, un tossicodipendente che accompagniamo tutti i giorni al Sert per il metadone, un altro ragazzo ha tre fratture a un piede per un tentativo di fuga avvenuto venerdi' scorso". Il piede del giovane andrebbe operato secondo quanto e' risultato dalla visita ortopedica in ospedale, ma nulla e' stato fatto. "Venerdi' 15 luglio la meta' dei reclusi sono scappati, poi sono rientrati quasi tutti - dice Vallini - sabato, domenica e lunedi' ci sono stati atti di autolesionismo, la gente si e' tagliata, lanciandosi anche contro il filo spinato della recinzione, una persona ha minacciato prima di impiccarsi e poi di darsi fuoco perche' chiedeva di essere rimandato in Tunisia pur di non essere trattato cosi'". La denuncia arriva attraverso i volontari che operano nella struttura. Non esiste ente gestore, ne' ci sono mediatori culturali o assistenza legale. Nemmeno un presidio medico all'interno del campo. Soltanto cemento, vecchi edifici, reti metalliche e uomini delle forze dell'ordine. Gli ex magazzini sono grandi circa 300 metri quadrati e sono recintati con il filo spinato. Uno dei due garage e' andato a fuoco a giugno durante una rivolta in cui sono stati bruciati dei materassi. Si dorme a terra, senza reti, non c'e' riparo dal caldo torrido. E soprattutto non vengono date informazioni ai reclusi su quale sara' la loro sorte. Soltanto Medici senza frontiere ha mandato un'ispezione che ha confermato le condizioni disumane e indegne della struttura. "Altro che accoglienza, sembra un pollaio", commenta Vallini. (www.redattoresociale.it)

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