martedì 25 gennaio 2011

Crisi tunisina: filo diretto Tunisi - Pantelleria

Finalmente sono tornati i quotidiani nelle edicole del centro. Ma per Pantelleria è impossibile trascurare quanto accade nella dirimpettaia Tunisia. Per sopperire al mancato ’arrivo dei quotidiani nelle contrade continueremo a dare informazioni sull’evoluzione della crisi tunisina.

25 gennaio 2011. Il nuovo governo tunisino e' ''un prolungamento del regime precedente'', in cui la maggior parte dei volti ''sono gli stessi''. Lo dichiara, in un'intervista esclusiva al canale tv francese France 24, il leader del movimento islamista Ennahda, Rached Ghannouchi, in esilio a Londra dal 1989. Ora, aggiunge, occorre ''fondare un'assemblea costituente, che elaborera' una nuova Costituzione per un vero regime democratico'', altrimenti ''verra' un dittatore simile'' al deposto Ben Ali. ''Noi non vogliamo una dittatura, ne' in nome del nazionalismo, ne' in nome dell'islamismo, ne' in nome della modernita'''.
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L'allarme è scattato già a Natale, quando è diventato chiaro che numerose pagine erano scomparse dal network più popolare del mondo. Joe Sullivan, il responsabile della sicurezza di Facebook, rivela ora, con un'intervista al magazine americano The Atlantic ripreso oggi da Le Monde, la lotta ingaggiata dal suo staff per contrastare "Anmar", il sistema di censura del web messo in campo dal governo di Ben Ali. Dopo diversi giorni, Sullivan ha infatti scoperto che le autorità tunisine stavano cercando di fermare la diffusione su Internet della propaganda rivoluzionaria, attraverso un sistema capace di rubare le password degli utenti tunisini di Facebook. Lo staff di Sullivan ha allora tentato di eludere il problema, da una parte utilizzando un protocollo criptato in grado di respingere la maggior parte delle tecniche di spionaggio, e dall'altra inserendo un nuovo sistema di verifica dell'identità degli utenti, attivato solo nei giorni degli scontri. I responsabili di Facebook fanno comunque sapere che quanto accaduto per la Tunisia resterà "un caso eccezionale" e di non aver agito spinti da motivazioni politiche, bensì per garantire la sicurezza dei propri internauti.
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Il governo transitorio tunisino guidato dal premier Mohamed Ghannouchi ha stabilito di stanziare l'equivalente di 260 milioni di euro a favore delle zone rurali del Paese maghrebino, le piu' povere, dalle quali ha preso le mosse il mese scorso la rivolta popolare tuttora in corso, che ha condotto alla caduta dell'ex presidente Zine al-Abidine Ben Ali e del suo regime. La decisione e' stata resa nota dal ministro per lo Sviluppo Regionale, Ahmed Nejib Chebbi, gia' tra i leader dell'opposizione, durante un'apparizione televisiva. Chebbi ha spiegato che il denaro sara' destinato alla realizzazione di progetti per lavori pubblici, ai risarcimenti a favore delle aziende che nel corso dei tumulti hanno subito danni, e agli indennizzi riservati alle famiglie di coloro che lo stesso ministro ha definito "i
martiri", caduti in seguito alla brutale repressione delle proteste da parte delle forze di sicurezza per ordine di Ben Ali. Specialmente nelle province centrali della Tunisia e' molto diffuso un sentimento di risentimento nei confronti della capitale e delle localita' turistiche costiere, dove si concentrano la maggior parte delle risorse nazionali: non a caso, tra le richieste dei contestatori la principale riguarda proprio una maggiore parita' di trattamento tra le diverse aree del Paese.
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Per la seconda notte consecutiva, centinaia di manifestanti tunisini si sono accampati davanti agli uffici del premier ad interim, Mohammed Ghannouchi, per chiedere le sue dimissioni. Un portavoce del governo, Taieb Baccouch, aveva annunciato un imminente rimpasto con almeno sei nuovi ministri. "Siamo qui per far cadere il governo", ha spiegato Lotsi Abbes, un chimico arrivato a Tunisi dal sud del Paese. Le figure del vecchio regime che sono entrate nel governo di unita' nazionale "sono come un cancro", ha aggiunto il manifestante, "dobbiamo ripulire tutto". "Devono andare via, resteremo qui finche' non se ne andranno", ha assicurato Mehrezia Mehrez, arrivata a Tunisi con il marito e le due figlie dalla citta' industriale di Kasserine, nel centro del Paese. "Siamo venuti qui perche' e' un'occasione unica per arrivare a un vero cambiamento nel nostro Paese", ha raccontato Hassem, un contadino di Kebili.

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